Siamo lieti di presentarvi la nostra intervista all’illustratrice giapponese
Satoe Tone, che in Italia ha pubblicato con
Kite Edizioni due volumi illustrati: “Questo posso farlo” e “Il mio migliore amico”.
Lo stile dei suoi disegni, in cui ritrae dei buffi e simpaticissimi personaggi, dal tratto morbido con colori dolci e soffusi, rende le sue favole davvero uniche.
Cara Satoe, quando hai cominciato a disegnare?
Disegno da quando sono capace di ricordare. Mi piaceva molto disegnare anche quando ero piccola. Ero portata per esprimermi disegnando dei pensieri su carta, ma a parole ero davvero negata. Quando mi capitava qualcosa di brutto, quando mi trovavo in una situazione difficile, per dissimulare la tristezza cominciavo a disegnare. E lo faccio anche adesso.
E’ da quando avevo dieci anni che sogno di diventare un'illustratrice, e da allora non ho mai cambiato idea.
Ero convinta che il mio desiderio di diventare illustratrice fosse più forte di qualsiasi altra persona.
Penso che nell’arte del disegno non ci siano vincitori o perdenti, ma quando vedo un quadro che mi impressiona positivamente penso sempre che devo assolutamente riuscire a fare di meglio…
L’atto di disegnare è diventato parte integrante della mia vita, esattamente come mangiare e dormire, e a causa di questo devo affrontare dei sacrifici ma non me ne sono assolutamente mai pentita.
Penso che non smetterò mai di disegnare.
Qual è stata la tua formazione artistica?
Più che studiare, diciamo che disegno da sempre. Semplicemente disegno perché mi viene voglia di disegnare, non per studiare.
Prima di sostenere l’esame per entrare all’università frequentai un corso di preparazione e per la prima volta studiai design e tecnica di disegno.
Questo fu l’unico periodo della mia vita in cui finii per odiare il disegno. Pensavo che disegnare servisse a godersi la vita, ma questo mio pensiero venne stravolto. Tutto veniva giudicato, o eri bravo o non lo eri, perciò non mi era possibile dipingere liberamente il mondo che vedevo, e fu proprio questo a farmi odiare il disegno.
Sicuramente mi è servito per affinare la tecnica, ma i disegni di quel periodo erano senza anima. Anche se allora odiai il disegno non rinunciai al mio sogno, quindi dopotutto ora penso sia stata un’esperienza da non sottovalutare.
In seguito mi specializzai in design e illustrazione all’università, dove tornai ad esprimermi liberamente attraverso i miei disegni.
di Anna Maria Pelella
Keiko è emigrata in Canada
sua madre, Obachan parla solo giapponese e nessuno se ne preoccupa
sua figlia Muriel, ribattezzata Murasaki da sua nonna, cerca di fare la vaga, ma si secca quando il fidanzatino delle scuole le chiede di fare "sesso orientale"