Gentilissimi Gianluca Coci e Ito Ogawa, innanzitutto vi ringraziamo veramente per averci concesso questa doppia intervista, che siamo lieti di pubblicare sul blog La Biblioteca dell’Estremo Oriente, in concomitanza con l’uscita in libreria della raccolta di racconti “La cena degli addii” (Neri Pozza, traduz. dal giapponese di Gianluca Coci).

GIANLUCA COCI, traduttore ed esperto di letteratura giapponese moderna e contemporanea.
1) Per iniziare, vorremmo sapere come è nata la sua passione per la traduzione.
- È stato un amore a prima vista, a scuola: traduzioni dal francese e dall’inglese, versioni dal latino. Se avessi potuto, avrei fatto solo quello, insieme ai temi di italiano, è ovvio. E poi c’erano anche i testi delle canzoni dei Pink Floyd, dei Grateful Dead, dei Jefferson Airplane e di altri gruppi rock degli anni Sessanta e Settanta, li traducevo mentre ascoltavo i loro dischi. Quando traducevo – e mi succede tuttora – cadevo in una sorta di trance, non esisteva nient’altro. Mi esaltava vedere quelle parole in una lingua straniera trasformarsi, sul foglio del mio quaderno, in un testo di senso compiuto scritto nella mia lingua madre. Scoprire il significato di un testo scritto in una lingua altra e riproporlo nella propria lingua. È, in piccolo, come plasmare la materia. Il traduttore è un piccolo scultore, un piccolo pittore, un piccolo artigiano delle parole.
2) Quali sono le maggiori difficoltà che incontra nelle traduzioni dal giapponese all’italiano?
- L’interpretazione del testo. È un po’ come tradurre dal greco o dal latino, bisogna prima di tutto cercare di comprendere il testo, attraverso quella muraglia di caratteri così diversi dai nostri. Credo valga più o meno la stessa cosa per chi traduce dal cinese, dal russo e da altre lingue molto diverse dalla nostra. Comprensione e interpretazione del testo, riscrittura (pressoché totale), tentativo (disperato) di restare il più vicino possibile al testo di partenza. Per rendere bene l’idea, mi azzardo a dire che la traduzione dal giapponese assomiglia molto di più a una versione dal greco o dal latino piuttosto che a una traduzione dall’inglese, dal francese o da un’altra lingua di origine latina.